Perché Pdf?

Dopo aver pubblicato, lungo un decennio circa, nove testi (alcuni in più edizioni) la situazione è cambiata ed io sono cambiato. L’editoria italiana – purtroppo, anche la piccola/media editoria cosiddetta “alternativa” – non è più in grado d’operare una diffusione che giunga veramente al lettore.

I testi, dopo tanta fatica da parte di chi scrive e di chi corregge e controlla, giungono infine in libreria per rimanervi – visibili al lettore – per non più di 15 giorni: poi, finiscono in seconda, terza, quarta fila…e sono disponibili solo più a specifica richiesta.

Cosa si pubblica in Italia?

I libri (e gli autori) che vanno per la maggiore sono personaggi noti in televisione oppure sorretti e sponsorizzati dal teleschermo: non vogliamo far nomi, ma credo che ognuno di noi sappia benissimo a chi ci riferiamo.

Sull’altro versante, molte case editrici che pubblicano libri sono – per complesse alchimie societarie – le stesse che distribuiscono i quotidiani, ed hanno quindi accesso ai fondi pubblici per l’editoria.

Va da sé che, se si pubblica solo sotto imprimatur della classe politica, i prodotti editoriali siano soltanto ciò che la classe politica tollera. E’ vero che in Italia si legge poco, ma quel “leggere poco” non dipenderà anche da ciò che viene pubblicato?

Le piccole case editrici sopravvivono soltanto se hanno una distribuzione che potremmo quasi definire “militante”, ossia sfruttano ogni “angolo” (fiere, feste, manifestazioni, ecc) per vendere i libri e cercare di non andare “in rosso”.

Stupirà il lettore, ma il corrispettivo lordo che un autore incassa dalla pubblicazione di un libro non supera il 10% del prezzo di copertina (normalmente il 5-7%, che finisce per essere il 4% netto se va bene), mentre la distribuzione assorbe circa il 60% e all’editore (che ha le spese di stampa e di editing) rimane un 30% circa.

Spostare e distribuire tonnellate di carta, costa.

Un libro, per non essere un “fiasco” nel mercato italiano, deve superare le 5.000 copie. In un mercato asfittico come quello italiano, con solo un 20% circa che legge e soltanto 60 milioni di potenziali lettori (contro i 500 milioni dell’inglese e gli altrettanti dello spagnolo), sopravvivere diventa, per le piccole editrici, un’impresa ai limiti del praticabile.

Alcuni colleghi – scrittori e soprattutto giornalisti – hanno optato per forme di abbonamento a pagamento per leggere i loro articoli, poiché è tanto bella la libera circolazione della cultura, ma chi scrive paga le patate e la corrente elettrica come chiunque.

Viviamo dunque uno strano paradosso: qualsiasi prodotto concreto – alimentari, vestiario, energia, ecc – è a pagamento e nessuno trova nulla da ridire mentre, grazie alla diffusione via Internet, pretendiamo che il frutto dell’intelletto sia di “patrimonio comune”, e dunque gratuito.

Ora, se la libera circolazione dei prodotti artistici fosse premessa per nuove modalità sociali – ovvero si giungesse alla completa socializzazione dei beni – saremmo i primi a sostenere questa tesi.

Invece, assistiamo ad una “casta” di protetti dalla classe politica – i quali non hanno problemi a diffondere i loro prodotti e ad arricchirsi – e ad un infinito “volontariato” da parte di tanti autori bravi e promettenti. I quali, dopo anni trascorsi nell’essere “bravi e promettenti”, opteranno per un “generoso” impiego in un call center e relegheranno la scrittura ad hobby.

Dopo una riflessione durata anni, ho deciso di mantenere completamente libera e gratuita la diffusione dei miei articoli – che sono ripresi da parecchi siti e blog, al punto che lo scrivente “occupa” decine di migliaia di pagine Web, e dunque già fornisce gratuitamente un contributo alla cultura del Paese – e di fornire a fronte di un modesto corrispettivo in denaro la propria produzione di libri, soprattutto la narrativa, tutta inedita.

In fin dei conti, acquistare un libro via Web al prezzo di un panino e di una birra non ci sembra un terribile cedimento all’economia borghese, bensì l’unico compromesso possibile, sul versante di chi scrive, per non sentirsi un povero coglione quando deve pagare la bolletta dell’ENEL.

Speriamo, anzi, d’essere esempio e “battistrada” per molti autori che sappiamo bravi, fantasiosi e competenti, cosicché si riesca – in tanti – a dare una “picconata” a questo perverso gioco di regime, che confina la cultura nei recinti dei polli d’allevamento nutriti dalla classe politica.

Il libro come “oggetto” è un bene che solletica il nostro senso estetico, ed a questo abbiamo cercato di porre rimedio fornendo anche una copertina a colori per chi desiderasse avere una copia più elegante: ci rendiamo perfettamente conto che, un formato A4 rilegato in casa, non è la stessa cosa rispetto ad un bel libro con elegante brochure, ma la scelta era pubblicare in questa forma, non pubblicare per niente oppure regalare il proprio lavoro - che è tanto, perché quando si scrive un libro lo si rilegge almeno venti volte a distanza di tempo - alle case editrici.

In fin dei conti, l’acquisto e la stampa di un libro in questa modalità costa pressappoco il 40% di quanto costerebbe in libreria: abbattere i costi della cultura del 60%, ci sembra già un buon risultato.

Speriamo che i lettori comprendano ed approvino, con onestà, questa scelta.

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